Sulle tracce della soia
Negli anni recenti, sull’ondata di crescita del consumo mondiale di olii, farine vegetali e di biodisel, l’industria agro-alimentare ha incoraggiato la diffusione della soia geneticamente modificata in alcune aree del mondo in via di sviluppo. Gli effetti devastanti della monocoltura sono oggi visibili nei paesi del cono sud dell’America Latina, soprattutto in Argentina, Brasile e Paraguay, dove la superficie coltivata a soia cresce inesorabilmente da oltre dieci anni a discapito della biodiversità e dei diritti di base delle popolazioni locali, minacciando la loro stessa sovranità alimentare e la possibilità di accedere alle risorse naturali.
Il potente erbicida Round-Up della Monsanto contamina le acque e avvelena la popolazione rurale mentre indigeni e contadini, espulsi dalle loro terre, si riversano nelle grandi periferie urbane. Povertà e denutrizione aumentano mentre grossi carichi di soia si allontanano solcando le acque del rio Paranà alla volta dell’Europa.
In una fase in cui le pressioni delle grandi multinazionali sono particolarmente importanti, un approccio consapevole al consumo alimentare si rivela sempre più necessario. La maggior parte della soia prodotta in Sud America viene, infatti, venduta alle UE come mangime per animali. Una volta “trasformata” in carne raggiunge le nostre tavole e ci converte, nostro malgrado, in grandi consumatori di foraggio da importazione OGM nonché responsabili dell’ecocidio sudamericano.